La scatola della fantasia
C'era una volta, in un tempo lontano, un regno dove viveva, circondato dall'affetto dei suoi genitori e dalla stima dei suoi sudditi, un giovane principe di nome Marcello.
Il principe aveva intorno a sé tutte le cose che un uomo, anzi un ragazzo, poteva desiderare: amici sinceri, affetti profondi, libri interessanti, cose utili. Eppure si sentiva sempre insoddisfatto ed annoiato, e per questo motivo un giorno decise di lasciare tutto, castello, amici, fidanzata e famiglia, per cercare in giro per il mondo un antido contro la noia. I suoi genitori e i suoi amici invano lo supplicarono di restare, ed infine lo salutarono in lacrime.
Marcello viaggiò per diversi mesi, attraversando regni e incontrando gente nuova ed interessante, ma mai si fermava a lungo in un posto, giacché il restare lo annoiava. In un pomeriggio caldo e soleggiato, mentre riposava all'ombra di un tiglio, vide avvicinarsi un buffo ometto che trasportava con enorme fatica, come fosse stata la cosa più pesante del mondo, una scatola di legno, piccolissima.
<<Cosa porti, buon uomo?>> chiese il principe.
<<Questa è la scatola della fantasia>>, gli rispose l'ometto. <<Chi la possiede può vedere realizzarsi ogni giorno cose nuove e fantastiche, può conoscere posti immaginari, può gustare cibi inesistenti, conversare con persone impalpabili...Insomma, chi la possiede non si annoia mai!>>
Marcello sentì che la scatola della fantasia era l'antidoto a tutti i suoi problemi e perciò chiese all'ometto di poterla acquistare. Lo strano tipo scosse la testa in segno di diniego.
<<Non c'è moneta che valga abbastanza da poter acquistare questa scatola.>> gli disse. <<Però io posso cedertela in cambio di 10 tuoi ricordi>>.
<<Dieci ricordi?>> esclamò Marcello. <<Io di ricordi ne ho così tanti e così noiosi, che non mi faccio alcun problema a darteli>>.
<<Benissimo>> disse l'ometto <<Allora dammi prima il ricordo del primo sorriso che hai veduto, poi il ricordo della prima carezza, dopo quello del primo sculaccione, poi quello della prima corsa nell'erba, dopo il ricordo del primo tuffo nel mare, e poi quello del primo bacio d'amore, e dopo quello del primo pianto di dolore, poi il ricordo della tua prima vittoria, e quello della tua prima sconfitta, infine il ricordo della tua più grande gioia>>.
Marcello si sedette sotto il grande tiglio e, facendo affidamento sulla sua grande memoria, iniziò a sciorinare fin nel più piccolo dettaglio tutti i ricordi del suo passato, così come li aveva richiesti l'ometto.
Quando ebbe terminato di parlare, si era fatta notte; l'ometto lo guardava soddisfatto e annuiva sorridendo, felice per ciò che aveva ottenuto.
<<Ecco la tua scatola>> gli disse. <<Te la sei ben guadagnata>>.
Porse al principe la scatola della fantasia e si stese a terra per riposare.
<<Ora è tardi, ed è buio. È meglio che tu attenda l'alba per esaminare il tuo tesoro>> bofonchiò l'ometto, coricandosi su un fianco ed addormentandosi all'istante.
Marcello seguì il suo consiglio: con la scatola della fantasia stretta al petto, si stese a terra e si addormentò.
La mattina seguente, il sole caldo svegliò il principe, che si ritrovò solo sotto l'albero: dell'ometto, nessuna traccia.
Marcello, con la sua piccola scatola nella borsa, si incamminò soddisfatto verso il suo castello, felice di potervi far ritorno prima di quanto aveva immaginato. Ora che possedeva la scatola della fantasia, in nessun modo si sarebbe annoiato. Cosa strana: la piccola scatola, che pure l'ometto trascinava con enorme sforzo, nelle sue mani era leggera quanto un fuscello.
Camminò tutto il giorno, per monti e per valli, senza incontrare anima viva. A sera, cercò un riparo sotto un anfratto naturale delle rocce e attese il sonno. Ma ad un tratto, si vide correre incontro i suoi genitori: la mamma gli carezzò il viso e il babbo, con il petto gonfio di commozione, lo batté affettuosamente sulle spalle. Si sedettero a terra e iniziarono a mangiare le buone pietanze che la cuoca di corte preparava solo per lui, per deliziarlo. Mentre cenavano, Marcello raccontava tutte le cose viste ed imparate durante il viaggio. Com'è come non è, ad un tratto il principe si addormentò.
Il mattino seguente era di nuovo solo: dei suoi genitori nessuna traccia, né tanto meno dei cibi gustosi assaporati la sera. Egli era solo, tra le rocce. Si alzò perplesso e si rimise in viaggio, convito ormai di aver sognato tutto. Camminò tutto il giorno, per monti e per valli, senza incontrare anima viva. A sera, cercò un riparo sotto un anfratto naturale delle rocce e attese il sonno. Ma ad un tratto, si vide venire incontro i suoi due migliori amici: Carlo e Tommaso. Tra abbracci e pacche affettuose, si sedettero su una panca e iniziarono a conversare; mentre parlavano e si raccontavano delle cose fatte durante l'assenza del principe, bevevano il vino delle cantine reali, giocavano a scacchi, ascoltavano la musica del trovatore di corte.
Com'è come non è, ad un tratto il principe si addormentò.
Il mattino seguente era di nuovo solo: dei suoi amici nessuna traccia. Egli era solo, tra le rocce. Si alzò perplesso e si rimise in viaggio, convito ormai di aver sognato tutto. Camminò tutto il giorno, per monti e per valli, senza incontrare anima viva. A sera, cercò un riparo sotto un anfratto naturale delle rocce e attese il sonno. Ma ad un tratto, si vide venire incontro la sua dolce fidanzata, Anna. Una commozione senza pari lo prese fino a togliergli il respiro; la strinse a sé e lasciò che il pianto le palesasse quanto le era mancata in quei giorni. Poi si sedettero di fronte alla fiamma del focolare e cominciarono a scambiarsi tutte le piccole dolcezze degli innamorati.
Com'è come non è, ad un tratto il principe si addormentò.
Il mattino seguente era di nuovo solo: di Anna nessuna traccia. Egli era solo, tra le rocce. Si alzò perplesso e si rimise in viaggio, convito ormai di aver sognato tutto. Camminò tutto il giorno, per monti e per valli, senza incontrare anima viva. A sera, cercò un riparo sotto un anfratto naturale delle rocce e attese il sonno. Anche questa volta qualcuno gli venne incontro: erano i suoi affezionati sudditi. Anche stavolta si intrattenne con loro fino a tardi, parlando di tasse e di dazi, di corvées e di piantagioni, ma com'è come non è, ad un tratto il principe si addormentò. Il mattino seguente era di nuovo solo!
Tutto si ripeteva ogni volta uguale: di giorno la solitudine e la noia, di notte, quei sogni tanto reali da sembrare veri. Marcello cominciò a sentirsi disperato; stanco di camminare, si fermò e pianse, pianse tanto. Oramai sfinito, pensò di addormentarsi di nuovo, ma questa volta si vide venire incontro lo strano ometto con cui aveva barattato i suoi ricordi in cambio della scatola della fantasia.
<<Per favore>> lo supplicò Marcello << spiegami cosa sta accadendo!>>
<<Tu eri stanco della tua monotona vita vera>> gli disse l'ometto << e hai desiderato di vivere una vita meravigliosa, fantastica>>. << La scatola della fantasia ti permette di farlo, ma solo in sogno, mentre tu dormi. Di giorno, tu ti muovi nella realtà senza vederla: essa c'è e ti attende, ma tu non la desideri>>.
<<Eppure,>> disse Marcello <<quello che io sogno, che io desidero di notte, non è affatto diverso da quello che io avevo davvero.>>
<<È per questo che sono ritornato>> aggiunse l'ometto. << Dal momento che tu vuoi così tanto la vita vera, io te la restituisco!>>
Il piccolo uomo prese dalle mani del principe la scatola della fantasia e si dileguò.
Marcello, non più stanco né più annoiato, si mise a correre verso la sua dimora: il castello era lì, a pochi passi, e nel vestibolo i genitori, gli amici e la fidanzata lo attendevano trepidanti.
Bibi 2006