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La spigolatrice di Sapri
Eran trecento, eran giovani
e forti, e sono morti!
Me ne andavo un mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All'isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s'è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l'armi, e noi non fecer guerra.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra,
ma s'inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti avevano una lacrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane:
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
Siam venuti a morir pel nostro lido.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Con gli occhi azzurri e coi capelli d'oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: - dove vai, bel capitano? -
Guardommi e mi rispose: - O mia sorella,
vado a morir per la mia patria bella. -
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: - V'aiuti 'l Signore! -
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontraron con li gendarmi,
e l'una e l'altra li spogliar dell'armi.
Ma quando fur della Certosa ai muri,
s'udiron a suonar trombe e tamburi,
e tra 'l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Eran trecento non voller fuggire,
parean tremila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a lor correa sangue il piano;
fin che pugnar vid'io per lor pregai,
ma un tratto venni men, né più guardai;
io non vedeva più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro.
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Luigi Mercantini
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Quando si nasce, si cresce e si vive nutriti dagli IDEALI, per essi si va a morire, si muore...Ti
anima lo spirito della Libertà, ti alleva una creatura mite e fiera, che tesse
per te una bandiera che ha nome ITALIA, ha nome GLORIA. Tu porti quel vessillo
con indomito ardore e parti. Il "Cagliari" fende l'acqua calma e tiepida del
Mediterraneo...E' giugno, e Ponza è la tua meta. Nello sguardo dei prigionieri
liberati tu vedi la luce della GIUSTIZIA. Ma ancora lontana è la Calabria...e
vicina la morte...inaspettata...traditrice...crudele...suicida...Perdi la
SPERANZA, Carlo, e ti uccidi. Una fanciulla resta attonita...Quel pomeriggio ti
aveva dato nome AMORE. Ora è sola; le sue lacrime tergono il suolo lordo di
sangue innocente; i suoi singhiozzi si fanno poesia immortale. Tu avevi
scritto <<Io sono convinto che l'Italia sarà grande per la libertà o sarà
schiava...Vi sono delle persone che dicono: la rivoluzione dev'esser fatta dal
paese. Ciò è incontestabile. Ma il paese è composto di individui, e se
attendessero tranquillamente il giorno della rivoluzione senza prepararla colla
cospirazione, la rivoluzione non scoppierebbe mai. Se al contrario tutti
dicessero: la rivoluzione deve farsi dal paese e siccome io sono parte
infinitesimale del paese, cosí ho io pure la mia parte infinitesimale di dovere
da adempiere, e l'adempisse, la rivoluzione sarebbe fatta immediatamente e
riuscirebbe invincibile perché immensa....Combatteranno con me tutti i dolori e
tutte le miserie d'Italia.
Io piú non aggiungo che una parola: se non riesco disprezzo profondamente l'uomo
ignobile e volgare che mi condannerà: se riesco apprezzerò assai poco i suoi
applausi. Ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e
nell'animo di questi cari e generosi amici, che mi hanno recato il loro concorso
ed hanno diviso i battiti del mio cuore e le mie speranze: che se il nostro
sacrifizio non apporta alcun bene all'Italia, sarà almeno una gloria per essa
l'aver prodotto dei figli che vollero immolarsi al suo avvenire>>.
Sottoscritto
CARLO PISACANE
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